Socrate era un semplice cittadino e la sua attività non consisteva nell’insegnamento, ma semplicemente nell’interrogare i suoi concittadini riguardo qualsiasi argomentazione possibile. Tale attività veniva definita “arte della maieutica”, cioè l’arte con cui le levatrici aiutavano i bambini a nascere: ricevendola dalla madre, Socrate aiutava il suo interlocutore o l’allievo a “tirare fuori” progressivamente la verità (aletheia) che risiedeva in ognuno di loro. Tale esercizio continuo dell’arte maieutica, senza ricevere compensi, lo portò a vivere in povertà.
In particolar modo, nell’Apologia di Socrate, composta da Platone, viene descritto il modo in cui il filosofo ateniese veniva accusato di corrompere i giovani ed è particolarmente curioso il significato della sua condanna.
Hegel, filosofo illuminista, definì “autenticamente tragico” il destino di Socrate, nonostante lo stesso proclamò più volte la sua innocenza. La morte del grande filosofo ateniese ha segnato la fine di un modello filosofico-politico che ancora oggi si invidia.
Dall’ultimo discorso pronunciato dal filosofo ateniese, si deduce la sofferenza dell’anima umana e la voglia di non arrendersi: “ma è ormai tempo di andare via, io per morire, voi per continuare a vivere. Chi di noi vada verso una sorte migliore è oscuro a tutti tranne che a Dio”. Attraverso queste parole, viene ancora di più valorizzato il coraggio di Socrate identificato come un grande uomo e un grande combattente con lo scopo di difendere la libertà umana.