Il Principe Ideale secondo Leibniz

Il fine del principe, è chiaro, consiste nel ” contribuire al bene del genere umano. Questo egli deve potere, sapere e volere fare” 4, per potere fare è necessario che abbia una potenza naturale, ossia determinate qualità personali indipendenti dal suo ruolo istituzionale, e in secondo luogo la potenza morale, con la quale Leibniz intende la grandezza dello Stato che deve essere conservata e accresciuta, e, benchè disgiunte, il retto esercizio di questa è direttamente conseguita dalla prima. Molte qualità e virtù deve avere il principe, ma due essenziali, necessarie e imprescindibili, dalle quali le altre e le virtù procedono: bontà e saggezza, “e perfino più la bontà che la saggezza: poichè la dottrina si può prendere a prestito da altri, ma la bontà è acqua di fonte” 5. Il principe, come detto, deve volere adempiere al proprio fine, questa sua volontà deve essere retta e garantita da una grande e superiore bontà, non deve volere nessun male, in alcun modo, e, se proprio necessario, per un bene superiore e per il bene stesso di coloro i quali si danneggia. Ora, la superlativa bontà necessaria al Principe deve essere congiunta a una grande saggezza, affinché sappia adempiere al fine detto. Leibniz appunta che “la saggezza è la scienza della felicità”6, e ne fornisce degli esempi: saggezza come discernimento, “una delle basi della saggezza è l’evitare la precipitazione dei giudizi temerari… Non si può credere qual danno si rechi a molti galantuomini, al principe ed allo Stato, quando si trascuri questo precetto” 7. Queste due qualità si riducono nell’esteriore a una grande vivacità di spirito e perfezione del corpo, con la quale si intende la cura della sua salute, risultato dell’esercizio della temperanza e della fortezza nel trascendere le inclinazioni naturali al piacere vizioso: “tutta l’arte sta nel mantenerlo in equilibrio” 8. Attraverso queste caratteristiche, specchio affatto esteriore della superiorità morale e di saggezza del principe, si comprende come egli possegga una sorta di “predominio naturale: la natura ne pone il fondamento e l’arte (di educare, ndr) vi da l’ultima mano” 9. Leibniz riconosce che la natura abbia previsto una disuguaglianza tra chi nasce per comandare e chi per obbedire, dal momento che l’uomo è naturalmente destinato alla vita sociale (è importante, a scanso di equivoci, ricordare che il filosofo di Lipsia aborrisse la schiavitù quanto il razzismo, quantunque egli vivesse nella Germania del XVII secolo, in pieno colonialismo). Egli dunque precisa che questa superiorità del principe si fonda sul diritto naturale e sul diritto civile, che ne concedono legittima autorità, inoltre egli si eleva dai sudditi per virtù e qualità, naturalmente ricevute e perfettamente educate. Queste le colonne a fondazione del suo dominio legittimo che non escludono la fortuna, la quale, seppur ben rimarcata dal Machiavelli, il nostro la limita alla sola nascita nobiliare: Leibniz, come precisamente dimostra negli “Elementi di diritto naturale” difende strenuamente il diritto naturale e la legge aurea di Dio, e intelligentemente cerca sempre di conciliarle con il terzo grado del diritto, il diritto civile. Natura, virtù e leggi sono imprescindibili per la possibilità dell’esercizio del potere sovrano, e quand’anche la fortuna, appoggiata dalla forza delle leggi, premiasse come spesso accaduto nella storia un sovrano cattivo, rivoluzioni e conseguenze possono rimediare: “la provvidenza ed il destino avevano disposto così delle cose umane, per dimostrare che la virtù non è meno potente che la fortuna” 10. Il principe tuttavia non è autoreferenziale, ma deve essere animato da una grande religiosità, sia per imitare Dio, essendone degno modello della sua gloria sulla terra, sia per infondere grande speranza e timore nei sudditi, che ben si dispongono ad obbedire alla virtù del principe se animati da tali sentimenti. Fortuna (nascita nobiliare ed educazione), natura e virtù rendono grande un principe, il cui spirito, formato in rettitudine morale e scienza, deve essere necessariamente superiore per adempiere al suo fine per il quale il perfetto sovrano deve agire con giudizio secondo saggezza, discernendo bene e male, e ben analizzando mezzi e circostanze, e inoltre, proprio perché educato nella virtù, guidato dalla prudenza, agire e volere quanto più bene possibile. Il perfetto governante è buono e saggio: l’essere virtuoso è un predicato incluso nella nozione stessa di bontà e la scienza, particolare e molteplice, è distinta e tuttavia inclusa nella nozione stessa di saggezza. Dunque, Leibniz predica del principe ideale tutte le virtù (moderazione, clemenza, pietà, liberalità, prudenza, giustizia, coraggio, valore e onore) ma sottolinea con particolare attenzione, oltre alla prudenza nell’agire e la moderazione nelle passioni, la virtù della fortezza: il buon principe non deve abbandonarsi al piacere, ma deve essere in prima persona capace di combattere le sue inclinazioni naturali al vizio e agli agi, per ben restare nella rettitudine della buona volontà. Egli piuttosto deve prendere piacere di tutto ciò che può portare vantaggio ai suoi sudditi secondo il bene comune. Tuttavia non basta la virtù che migliora l’uomo rispetto a sé medesimo, il principe deve essere animato dalla giustizia, che è indubbiamente per Leibniz la più importante, in quanto è paragonabile alla ragione nella natura. Di questa ne dà tante definizioni mirabili negli scritti di diritto, legandola molto spesso alla carità: “è l’abito di amare gli altri, cioè di prendere piacere di ciò che si ritiene essere il bene altrui” 11, in sintesi “la carità del savio” 12. La giustizia è per il magistrato di Lipsia una verità di ragione, dunque una verità eterna, e, come ricorda nella Teodicea, la giustizia Divina è la medesima dell’uomo, ancorché quest’ultimo non la eserciti come il Primo. Infatti, essendo il principe immagine di Dio sulla terra, il nostro scrive: “come la ragione, che Dio ha per guida della sua potenza è causa della conformazione naturale delle sue creature, così la giustizia stabilisce l’ordine politico, e fa sussistere l’unione degli uomini.” 13 Questa lega le virtù sociali: l’amicizia e il valore, inoltre la giustizia, poiché è regolata dalla natura e dalla ragione, si anima nello spirito del principe, il quale non può aderire con estremo rigore alla rigidità della legge umana conchiudendosi nei formalismi giuridici, poiché il retto giudizio è più “nello spirito che nella lettera” 14, dando prova della mistica virtù della misericordia la quale è paragonabile all’equità per i giudici, allora si che il ritratto del perfetto principe assume sempre più i tratti dell’immagine della Divinità: “d’altra parte la crudeltà e il troppo grande rigore sono segni, in ogni caso, di debolezza e di paura, e per questo la clemenza ha sempre trionfato nei principi generosi” 15. Per elevarsi a un tale livello il principe non solo è premiato dalla natura, ma soprattutto è perfettamente educato fin dalla più tenera età dalle migliori menti e dai migliori educatori: il suo dominio è un vero e proprio progetto che parte sin dalla nascita. Riguardo la perfetta educazione del giovane principe Leibniz ne parla approfonditamente nei “Progetti per l’educazione di un principe” in cui non tralascia i dettagli. Essenzialmente Leibniz distingue tre gradi di perfezione a cui deve tendere l’educazione del principe, che desume dalla tripartizione delle spese nel diritto romano: grado del necessario, utile e volto all’ornamento. Il primo grado presume tutte quelle caratteristiche imprescindibili per un giovane principe, è necessario che sia educato a guisa di “uomo probo, coraggioso, giudizioso e garbato” 16. Se il primo riguarda lo spirito del principe, il secondo inerisce tutto ciò che di esterno possa essergli utile per l’esercizio delle sue funzioni, dunque la conoscenza dello Stato in quanto istituzione, nella sua sfera amministrativa, giuridica e militare. Benché non necessarie in virtù dei suoi ministri, queste conoscenze sono estremamente utili al buon sovrano che voglia porsi, rispetto alla struttura istituzionale dello Stato, indipendente in ordine alla sua superiorità gerarchica non meno che di spirito. L’ultimo grado è quello dell’ornamento, superfluo rispetto ai precedenti, fine al piacere del giovane principe e del suo prossimo: ossia la sua formazione personale, che possa spaziare su tutte le scienze, dalla storia alla teologia, fino al diritto e l’eloquenza, coltivate nel tempo libero, per diletto più che per dovere: “ed anche non c’è dubbio che il piacere che il principe trova nelle belle conoscenze serva d’incentivo ai curiosi e contribuisca assai alla produzione di beni utili ed al progresso della scienza umana: ciò che torna a gloria del suo protettore” 17, conoscenze che non deve in prima persona approfondire, ma dai precettori continuamente comunicate per via gioconda. Infine Leibniz approfondisce molto bene il percorso di educazione alla virtù che il giovane principe deve seguire e da cui gli educatori non possono esimersi dal trasmettergli, ponendogli sempre crescenti problemi morali da risolvere. Colto e piacevole, retto e capace: il principe di Leibniz è una figura estremamente completa e soprattutto equilibrata che si distingue per marcata superiorità sui sudditi in “ merito e per sapere, quanto li oltrepassa in dignità e potenza” 18.

  1. G.W. LEIBNIZ, Progetti per l’educazione di un principe, in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 278.
  2. Ibid.
  3. G.W. LEIBNIZ, Il ritratto del principe desunto dalle qualità e dalle virtù eroiche di S. A. Sma il Duca Giovanni Federico di Braunschweig e Luneburg (1679 circa), in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 295.
  4. G.W. LEIBNIZ, Progetti per l’educazione di un principe, in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 278.
  5. G.W. LEIBNIZ, Progetti per l’educazione di un principe, 3. Pensieri di G.W. Leibniz per ispirare una rara bontà e molta saggezza ad un giovane principe, in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 282.
  6. G.W. LEIBNIZ, Elementi di diritto naturale, B) La giustizia come carità del saggio (Hannover, 1677-78), in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 108.
  7. G.W. LEIBNIZ, Progetti per l’educazione di un principe, 3. Pensieri di G.W. Leibniz per ispirare una rara bontà e molta saggezza ad un giovane principe, in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 283.
  8. G.W. LEIBNIZ, Progetti per l’educazione di un principe, in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 280.
  9. Ibid.
  10. G.W. LEIBNIZ, Il ritratto del principe desunto dalle qualità e dalle virtù eroiche di S. A. Sma il Duca Giovanni Federico di Braunschweig e Luneburg (1679 circa), in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 288.
  11. G.W. LEIBNIZ, Elementi di diritto naturale, A) La giustizia come carità universale (Magonza, 1670-71), in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 96.
  12. G.W. LEIBNIZ, Elementi di diritto naturale, B) La giustizia come carità del saggio (Hannover, 1677-78), in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 107.
  13. G.W. LEIBNIZ, Il ritratto del principe desunto dalle qualità e dalle virtù eroiche di S. A. Sma il Duca Giovanni Federico di Braunschweig e Luneburg (1679 circa), in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 304.
  14. G.W. LEIBNIZ, Il ritratto del principe desunto dalle qualità e dalle virtù eroiche di S. A. Sma il Duca Giovanni Federico di Braunschweig e Luneburg (1679 circa), in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 306.
  15. Ibid.
  16. G.W. LEIBNIZ, Progetti per l’educazione di un principe, in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 265.
  17. G.W. LEIBNIZ, Progetti per l’educazione di un principe, in Scritti politici, a c. di V. MATHIEU, Torino, Utet,1965, p. 267.
  18. Ibid.